La politica dei giovani

LA POLITICA DEI GIOVANI

Ridare la voce ai giovani

“La politica dei giovani”, sembra quasi una contraddizione. Di politica se ne occupano per lo più non giovani e, soprattutto, tanti giovani oggi non se ne preoccupano proprio. Perché la politica dei nostri giorni, probabilmente, è ciò che di più lontano ci possa essere dai ragazzi nati negli anni 2000. E tutto questo seppur la politica viva per i giovani ed esista per loro. Dato che qualunque buona politica nasce prima di tutto dalla lungimiranza: dal pensiero alle future generazioni, alle generazioni di chi crescerà e di chi nascerà.

Una politica che si occupi di altro che non siano i giovani, che si preoccupi di tener salde le redini del presente, più che politica, sembra amministrazione, pura e semplice amministrazione. Perché non è in grado di prospettare un futuro una politica che viva nell’emergenza e si accontenti del pane quotidiano. Forse sarà in grado di affrontare il presente. Forse. Ma di certo non sarà cosciente di cosa l’aspetti “dietro l’angolo”.

Ci siamo anche noi

L’apprensione per il futuro è qualcosa che riguarda i giovani. E lo Stato deve dargli una mano. I ragazzi hanno bisogno di organizzare il proprio futuro, di sentire che dipende da loro e di nutrirvi fiducia. Perché trovare il proprio posto nella società è forse la principale preoccupazione di ogni essere vivente. E di questo la Repubblica deve farsi carico in prima persona e con prevalenza.

Vogliamo far finta che tutto ciò non sia vero? Vogliamo ignorare la scarsa affluenza giovanile alle urne così come ignoriamo l’astensionismo tutto intero? O, forse e peggio, vogliamo imporre delle quote giovanili nelle liste politiche, un po’ come facciamo per le donne, così da dare una parvenza di gioventù? Siamo liberi di farlo, ma la questione è molto più profonda. Perché generare la fiducia delle giovani generazioni nella politica richiede uno sforzo che vada oltre il marchingegno. Perché il giovane si affidi alla politica bisogna che sia messo nelle condizioni di parteciparvi. Attivamente e in prima persona. Bisogna che possa candidarsi da solo, senza chiedere permesso a nessun partito o movimento politico. Avvalendosi liberamente dei propri strumenti, quelli coi quali la fa da padrone: internet e i social network.

Siamo indispensabili

Un giovane che deve scegliere tra PD, LEGA, M5S, PAPARAPAPPAPPA’, sai cosa fa? Non sceglie.

Mentre un giovane che potesse scegliere di votare un suo coetaneo, sai forse cosa farebbe? Prima ancora di votarlo? Penserebbe: “Sai che quasi quasi ci provo anche io, tanto cosa mi costa?”.

E questo cosa significa? Significa che i social, che oggi svolgono un ruolo più che altro di intrattenimento, inizierebbero a diventare fucina di nuove discussioni, che vertano, prima di tutto, sulla politica giovanile.
Perché è chiaro come il sole che di nuove tecnologie siano in grado di occuparsi con maggior profitto i giovani. Perché ci sono nati, ci crescono e ne percepiscono il potenziale. I giovani sono in grado di fare dei ragionamenti che vadano oltre l’adeguamento dei tempi. Sono in grado di descrivere i tempi futuri, di anticiparli e di incanalarli. Ma tutto questo deve avere un riscontro politico. Altrimenti rimarranno soltanto le giuste idee di una generazione senza rappresentanza.

E quali siano i giovani meglio adattabili alla politica è una decisione che spetta ai giovani. Sono loro che devono scegliere i propri rappresentanti. Perché per far politica non basta essere giovani, serve prima di tutto la competenza. E non ogni ragazzo si intende di nuove tecnologie o di Università come tutti gli altri.

Lasciate che vi s'insegni qualcosa

Riconoscere ai giovani il ruolo che gli spetta è diventata una necessità. La società sta cambiando talmente rapidamente che è stupido credere che le vecchie generazioni siano in grado di affrontare le nuove sfide che si appropinquano sulla scena politica.E’ un bene che le generazioni più anziane continuino a mettere in campo la propria esperienza, ma bisogna che lo facciano con umiltà e senza presunzione. Perché da che mondo è mondo l’anziano racconta e il giovane ascolta e impara. Ma quando giovane e anziano si trovano a discutere dello stesso mondo, chi vince è chi in grado di imparare di più dall’altro. E allora forse vale la pena che, con riguardo a certe specifiche questioni, l’adulto abbia l’umiltà di ascoltare ed imparare.

“Collaborazione” deve essere la parola d’ordine. Collaborazione tra giovani e adulti, ma che sia vera e non imposta. I giovani devono scegliere i propri rappresentanti e gli adulti idem.
Ridiamo la voce ai giovani. Anzi, noi che siamo giovani, riprendiamocela! Rivendichiamo il diritto a candidarci da soli, liberamente, in rappresentanza dei nostri bisogni e delle nostre capacità. Scegliamo tra chi vive la nostra vita, tra chi conosce i nostri problemi. Dimostriamo di essere competenti, magari con poca esperienza, ma con tanta voglia di imparare e di assumerci le nostre responsabilità. Dimostriamo che anche noi abbiamo qualcosa da insegnare.

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LA POLITICA DEI GIOVANI

Ridare la voce ai giovani

“La politica dei giovani”, sembra quasi una contraddizione. Di politica se ne occupano per lo più non giovani e, soprattutto, tanti giovani oggi non se ne preoccupano proprio. Perché la politica, probabilmente, è ciò che di più lontano ci possa essere dai ragazzi nati negli anni 2000. E tutto questo succede seppur la politica viva per i giovani ed esista per loro, dato che qualunque buona politica nasce prima di tutto dalla lungimiranza: dal pensiero alle future generazioni; alle generazioni di chi crescerà e di chi nascerà.

Una politica che si occupi di altro che non siano i giovani, che si preoccupi di tener salde le redini del presente, più che politica, sembra amministrazione, pura e semplice amministrazione. Perché non è in grado di prospettare un futuro una politica che viva nell’emergenza e si accontenti del pane quotidiano. Forse sarà in grado di affrontare il presente. Forse. Ma di certo non sarà cosciente di cosa l’aspetti “dietro l’angolo”.

Ci siamo anche noi

L’apprensione per il futuro è qualcosa che riguarda i giovani. E lo Stato deve dargli una mano. I ragazzi devono sentire che il proprio futuro dipende da loro. Devono avere fiducia nel futuro. Perché trovare il proprio posto nella società è forse la principale preoccupazione di ogni esere vivente. E di questo la Repubblica deve farsi carico in prima persona e con prevalenza.

Vogliamo far finta che tutto ciò non sia vero? Vogliamo ignorare la scarsa affluenza giovanile alle urne così come ignoriamo l’astensionismo tutto intero? O, forse e peggio, vogliamo imporre delle quote giovanili nelle liste politiche, un po’ come facciamo per le donne, così da dare una parvenza di gioventù? Siamo liberi di farlo, ma la questione è molto più profonda. Perché generare la fiducia delle giovani generazioni nella politica richiede uno sforzo che vada oltre il marchingegno. Perché il giovane si affidi alla politica bisogna che sia messo nelle condizioni di parteciparvi. Attivamente e in prima persona. Bisogna che possa candidarsi da solo, senza chiedere permesso a nessun partito o movimento politico. Avvalendosi liberamente dei propri strumenti, quelli coi quali la fa da padrone: internet e i social network.96

Siamo indispensabili

Un giovane che deve scegliere tra PD, LEGA, M5S, PAPARAPAPPAPPA’, sai cosa fa? Non sceglie.

Mentre un giovane che potesse scegliere di votare un suo coetaneo, sai forse cosa farebbe? Prima ancora di votarlo? Penserebbe: “Sai che quasi quasi ci provo anche io, tanto cosa mi costa?”.

E questo cosa significa? Significa che i social network che oggi servono più che altro a intrattenere, inizierebbero a diventare fucina di nuove discussioni, che vertano, prima di tutto, sulla politica giovanile.
Perché è chiaro come il sole che di nuove tecnologie siano in grado di occuparsi con maggior profitto i giovani. Perché ci sono nati, ci crescono e ne percepiscono il potenziale. I giovani sono in grado di fare dei ragionamenti che vadano oltre l’adeguamento dei tempi. Sono in grado di descrivere i tempi futuri, di anticiparli e di incanalarli. Ma tutto questo deve avere un riscontro politico. Altrimenti rimarranno soltanto le giuste idee di una generazione senza rappresentanza.

E quali siano i giovani meglio adattabili alla politica è una decisione che spetta ai giovani. Sono loro che devono scegliere i propri rappresentanti. Perché per far politica non basta essere giovani, serve prima di tutto la competenza. E non ogni ragazzo si intende di nuove tecnologie o di Università come tutti gli altri.

Lasciate che vi s'insegni qualcosa

Rimettere la politica in capo ai giovani è diventata una necessità. La società sta cambiando talmente rapidamente che è stupido credere che le vecchie generazioni siano in grado di affrontare le nuove sfide che si appropinquano sulla scena politica. E’ un bene che le generazioni più anziane continuino a mettere in campo la propria esperienza, ma bisogna che lo facciano con umiltà e senza presunzione. Perché da che mondo è mondo l’anziano racconta e il giovane ascolta e impara. Ma quando giovane e anziano si trovano a discutere dello stesso mondo, chi la spunta è chi in grado di imparare di più dall’altro. E allora forse vale la pena che, con riguardo a certe specifiche questioni, l’anziano abbia l’umiltà di ascoltare e di imparare.

“Collaborazione” deve essere la parola d’ordine. Collaborazione tra giovani e adulti, ma che sia vera e non imposta. I giovani devono scegliere i propri rappresentanti e gli adulti idem.
Ridiamo la voce ai giovani. Anzi, noi che siamo giovani, riprendiamocela! Rivendichiamo il diritto a candidarci da soli, liberamente, in rappresentanza dei nostri bisogni e delle nostre capacità. Il diritto a votare per chi vive la nostra vita e conosce i nostri problemi. Dimostriamo di essere competenti, magari con poca esperienza, ma con tanta voglia di imparare e di assumerci le nostre responsabilità.  Dimostriamo che anche noi abbiamo qualcosa da insegnare.

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